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Franchisee difficili o Casa Madre che non ascolta? L’arte di sbagliare insieme

Quella mattina, salendo sul palco della convention con i guantoni da boxe, sapevo che davanti a me c’erano 250 Franchisee e una tensione palpabile. Il piano di comunicazione TV aveva scatenato malumori, le chat WhatsApp della rete ronzavano di critiche, e io dovevo affrontare quella che Gianrico Carofiglio chiamerebbe “la trappola della conoscenza”: l’illusione che dall’alto si veda tutto, si capisca tutto, si controlli tutto.
Ma forse il vero errore non era nel piano di comunicazione. Era nel non aver saputo creare uno spazio per sbagliare insieme.
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Quando la “radiolina” interna dei Franchisee diventa più forte del brand
Come scrive Carofiglio in “Elogio dell’Ignoranza e dell’Errore”, “Le organizzazioni che funzionano sono quelle in cui il senso critico è favorito e stimolato; quelle in cui la regola è che il capo non ha sempre ragione”. Eppure, se c’è un posto dove questa saggezza viene sistematicamente ignorata, è proprio nelle reti Franchising.
Da un lato la Casa Madre che etichetta: “Franchisee difficili”, “Non capiscono la strategia”, “Pensano solo al loro orticello”. Dall’altro i Franchisee che semplificano: “La Casa Madre non ci ascolta”, “Fanno solo i loro interessi”, “Non capiscono il territorio”. Risultato? Nascono le radioline interne. Quei gruppi WhatsApp dove si alimenta il malcontento, dove ogni decisione del Franchisor viene interpretata nel peggiore dei modi possibili, dove il Franchisee che prova a mediare viene visto come un “venduto”.
Ma qui dovremmo fermarci e farci una domanda che Carofiglio considera fondamentale: “è necessario acquisire dimestichezza con l’esercizio del dubbio metodico che passa attraverso la pratica continua delle domande, rivolte agli altri e soprattutto a sé stessi”.
Franchisee: quella campagna che vi ha fatto arrabbiare, l’avete davvero analizzata o vi siete fermati alla prima impressione negativa?
Franchisor: quelle lamentele che arrivano dalla rete, le avete davvero ascoltate o le avete catalogate come “il solito malcontento”?
L’Affiliato “esperto” che sa tutto (e sbaglia tutto)
Qui Carofiglio ci regala una riflessione illuminante. Racconta dello studio di Philip Tetlock che “ha analizzato ventottomila pronostici formulati nell’arco di dieci anni da 224 esperti di varia estrazione politica, culturale, tecnica, ideologica. L’esito fu, in estrema sintesi, che l’accuratezza della stragrande maggioranza dei pronostici era solo leggermente superiore a quella di una elaborazione casuale“.
E sapete qual era il dettaglio più interessante? “Gli esperti con le capacità predittive più scadenti sono quelli con maggiore presenza mediatica, come se esistesse una correlazione inversa tra fama e accuratezza”.
Nel Franchising succede la stessa cosa, ma spesso in direzione opposta. I Franchisee che “sanno sempre tutto” del loro territorio, che considerano ogni strategia della Casa Madre inadeguata, che non ammettono mai che forse alcune loro resistenze potrebbero essere infondate, sono spesso quelli che creano più tensioni in rete (e sono anche quelli a cui gli affari, a conti fatti bene bene, non stanno andando alla grandissima). Come dice Carofiglio, “certi esperti […] hanno una visione dogmatica e monolitica del mondo dei fenomeni. In base a questa visione propongono opinioni semplici, chiare, dall’apparenza inoppugnabile”.
Riconoscete questo profilo? È il Franchisee che in ogni call dice: “Da noi non funziona così”. È quello che considera ogni novità come un attacco alla sua autonomia. È quello che alimenta la radiolina del malcontento perché “tanto la Casa Madre non mi capisce o non capisce il territorio”.
Franchising: il rasoio di Occam contro le teorie del complotto aziendale
Ma prima di continuare, fermiamoci su due principi che possono aiutarci a vedere più chiaro. William di Occam ci ha regalato un principio prezioso (Il rasoio di Occam, appunto): tra più spiegazioni di un fenomeno, la più semplice è generalmente quella corretta. Il rasoio di Hanlon, moltissimi anni dopo, aggiunge: “Non attribuire mai a malvagità quello che può essere spiegato dalla stupidità” – o, più gentilmente, dall’errore umano.
Applicati al Franchising, questi principi ci aiutano a decostruire molte delle tensioni che viviamo. Quella campagna TV che ha fatto arrabbiare la rete? Molto probabilmente non è nata per danneggiare i Franchisee, ma da un errore di valutazione, non sempre solo della Casa Madre, o forse da una comunicazione insufficiente, da una mancanza di ascolto. Ma alla fine com’è andata davvero non ce lo possono dire le sensazioni, bensì i numeri.
Il Franchisee che non segue le linee guida? Forse non è un ribelle per natura, ma qualcuno che non ha capito il razionale dietro quelle scelte, o che sta vivendo dinamiche territoriali che la Casa Madre non conosce.
L’osservatorio interno nei Franchising: quando l’errore diventa strategia
Cari Franchisor, facciamoci una domanda scomoda: quanto conosciamo davvero quello che pensano i nostri Franchisee? Non parlo delle relazioni commerciali trimestrali o dei feedback formali. Parlo di quello che si dicono tra loro, delle loro paure, delle loro frustrazioni, delle loro idee. Le radioline interne esistono. Punto. Ignorarle non le fa sparire, anzi le rende più tossiche. La vera domanda è: come trasformare i passaparola poco costruttivi dei nostri Franchisee da problema in opportunità?
Come ha scritto Silvia Signoretti, founder di Franchising Strategy, in uno dei suoi ultimi articoli che parlano proprio del libro di Carofiglio e di come ci possa aiutare a prendere sul serio la questione degli errori, non come colpa, ma come opportunità, spesso “l’errore fa quello che nessun tentato perfezionismo potrebbe mai fare: abbatte le barriere, crea connessione umana, apre spazio al dialogo vero”.
Come realizzare un Franchising di successo: rendere gli errori trasparenti
Quando la Casa Madre sbaglia, ammetterlo. Pubblicamente. Non con scuse formali, ma con analisi oneste di cosa è andato storto e come si intende rimediare.
Qui tocchiamo uno dei punti più delicati per ogni Franchisor: la gestione dell’errore pubblico. Eppure, la storia ci insegna che i grandi leader hanno sempre saputo trasformare gli errori ammessi in opportunità di rafforzamento del brand.
Ray Kroc e l’Hula Burger: quando il fondatore sbaglia in cucina
Persino Ray Kroc, il genio di McDonald’s, ha commesso errori clamorosi. Il fondatore aveva grandi speranze per la sua opzione “senza carne” chiamata “The Hula Burger”, ananas grigliata con formaggio dentro ad un panino. Egli sperava che il suo “Hula burger” potesse competere contro il panino “filet-o-Fish”. Il risultato? Un fallimento totale.
Kroc non nascose l’errore: lo ammise, lo rimosse velocemente dal menu e imparò la lezione. Come racconta la storia ufficiale McDonald’s, Kroc è riuscito a fermare il suo Hula Burger, velocemente evitando così una brutta figura all’azienda (e molte potenziali perdite di fatturato).
Howard Schultz e l’Italia: quando la cautela diventa resistenza al cambiamento
Ancora più interessante è il caso di Howard Schultz con Starbucks e l’Italia. Per decenni, Starbucks non è entrata nel mercato italiano. Schultz aveva sempre sostenuto che l’Italia fosse un territorio troppo complesso, con una cultura del caffè troppo radicata. “Agli italiani non piacciono le tazze di plastica, poiché essi non considerano neanche la possibilità di prendere il caffè via”, era una delle sue convinzioni.
Quando finalmente Starbucks ha aperto a Milano nel 2018, ha raccolto un buon successo, specialmente tra i giovani. Non si è trattato di un errore ammesso pubblicamente, anche perché sono troppo pochi gli anni di presenza in Italia di Starbucks per darci atto di un significativo effetto del marchio nel nostro Paese, d’altro canto, Howard Schultz non è uomo che si nasconda dietro ai propri errori. Già in passato, durante la crisi del 2008-2010, Schultz dimostrò un approccio radicalmente diverso.
Quando tornò come CEO nel 2008 per salvare Starbucks dalla sua peggiore crisi, Schultz non minimizzò la situazione. In una famosa intervista a Harvard Business Review del 2010, dal titolo emblematico “We Had to Own the Mistakes” (Abbiamo dovuto prenderci la responsabilità degli errori), dichiarò: “Abbiamo dovuto ammettere i nostri errori”. Schultz identificò chiaramente i problemi: l’espansione troppo rapida aveva diluito l’esperienza del brand, la crescita aveva fatto perdere di vista i valori fondamentali, l’azienda aveva perso la sua “anima”.
Ma non si limitò alle parole. Chiuse 900 negozi negli Stati Uniti, una decisione dolorosa ma necessaria. Portò 10.000 manager a New Orleans per una convention che iniziò con 50.000 ore di servizio alla comunità, investendo un milione di dollari in progetti locali. L’obiettivo era riportare l’azienda ai suoi valori originali attraverso l’esempio concreto, non solo le dichiarazioni d’intenti.
Come strutturare la comunicazione dell’errore per i Franchisor
Per un Franchisor, ammettere un errore davanti alla propria rete (figuriamoci poi davanti al mercato!) non è solo questione di onestà: è strategia. Ecco come farlo nel modo giusto:
- Tempismo: Comunicare l’errore appena ci si rende conto, non quando ormai è evidente a tutti;
- Ownership completa: Non cercare capri espiatori o attenuanti, assumersi la responsabilità;
- Analisi tecnica: Spiegare cosa è andato storto, perché e cosa si è imparato;
- Piano di rimedio: Non limitarsi alle scuse, ma presentare azioni concrete per evitare che si ripeta;
- Follow-up: Aggiornare la rete sui progressi di eventuali aggiustamenti e non dare per scontati eventuali adeguamenti.
Il valore strategico dell’errore condiviso nel Franchising
Quando un Franchisor ammette pubblicamente un errore, accadono tre cose fondamentali:
- Aumenta la credibilità: I Franchisee capiscono di avere a che fare con persone vere, non con una macchina infallibile;
- Si rafforza la fiducia: L’onestà genera reciprocità e apre canali di comunicazione prima bloccati;
- Si crea apprendimento collettivo: L’errore della Casa Madre diventa patrimonio formativo per tutta la rete.
Come dimostra la ricerca di Philip Tetlock citata da Carofiglio, spesso sono proprio gli “esperti” più famosi quelli che sbagliano di più. I Franchisor che si nascondono dietro la facciata dell’infallibilità rischiano di commettere errori ancora più gravi, perdendo il contatto con la realtà dei loro mercati e delle loro reti.
Creare spazi ufficiali per il dissenso tra Affiliato e Affiliante
Le convention per Franchising non sono solo vetrine aziendali. Devono essere momenti di confronto vero. Sì, anche con i guantoni da boxe se serve. Meglio un conflitto aperto e gestito che una tensione sotterranea che corrode. Meglio prepararsi e strutturare percorsi rivolti alle soluzioni che arroccarsi in uno statico mondo della ragione che non fa bene all’impresa e al business. Avere Affiliati affiatati, coesi e aderenti al proprio marchio è la chiave per sviluppare, crescere e portare il Franchising anche in altri paesi. Inoltre, in un momento storico in cui si affacciano sempre più i Multiunit e i Pluriunit, anche gli investitori fanno attenzione alla solidità del sistema, per capire dove riporre non solo la loro fiducia, ma in primis i loro denari. Ecco alcuni input, dunque, per un Franchisor che guarda al futuro.
Istituire un osservatorio dei Franchisee
Un gruppo ristretto di Affiliati che faccia da ponte tra rete e Casa Madre. Non yes-men, ma Franchisee rappresentativi che possano portare il polso della situazione senza filtri diplomatici.
La selezione di questi “ambasciatori” è cruciale e richiede un approccio strategico. L’errore più comune è scegliere solo i Franchisee con le migliori performance: i top performer spesso hanno una visione distorta della realtà perché operano in contesti favorevoli o hanno competenze sopra la media. Meglio un mix rappresentativo che includa:
- Franchisee di media performance: sono la maggioranza della rete e vivono le sfide quotidiane più comuni;
- Affiliati di territori diversi: Nord, Sud, centro città, periferia – ogni mercato ha le sue dinamiche;
- Anzianità variabile: veterani con esperienza storica e nuovi entrati con occhio fresco;
- Dimensioni diverse: Single unit e Multi unit hanno prospettive complementari;
- Tipologie di investitore: imprenditori locali, manager in transizione, investitori istituzionali.
L’obiettivo non è creare un consiglio di amministrazione parallelo, ma un termometro affidabile della rete. Questi Franchisee devono firmare un accordo di riservatezza e partecipare a call mensili strutturate, con agenda predefinita e feedback anonimi dalla rete. E serve anche un sano coraggio quando non sono costruttivi, per far sì che vi sia un ricambio di figure, se necessario.
Analizzare i dati del Franchisor e dei Franchisee con Business Intelligence puntuali
L’osservatorio qualitativo non basta. Serve affiancare l’ascolto con dati oggettivi e misurabili. Troppi Franchisor navigano a vista, basandosi su impressioni e report sporadici invece che su analisi sistematiche. Una Business Intelligence efficace per il Franchising deve monitorare indicatori che vadano oltre il fatturato: tempi di break-even per territorio, indici di rotazione del personale, customer satisfaction score, frequenza delle contestazioni, utilizzo degli strumenti marketing forniti dalla Casa Madre.
I dati più preziosi spesso emergono dall’incrocio tra performance economiche e sentiment della rete. Un Franchisee che fattura bene ma ha un alto turnover del personale sta mandando segnali d’allarme. Una zona che performa sotto la media ma ha Affiliati soddisfatti potrebbe avere problemi di mercato, non di sistema.
La vera svolta arriva quando si riesce a correlare i feedback dell’osservatorio con i dati quantitativi: quando i Franchisee del Nord-Est segnalano difficoltà con un fornitore e contemporaneamente i loro indici di customer satisfaction calano, non è una coincidenza. È un’informazione strategica.
Il test dell’errore ammesso
Carofiglio propone un criterio interessante per valutare la qualità di un leader: “Un criterio valido per valutare lo spessore e l’intelligenza di un politico (ma, a ben vedere, di chiunque) consiste nel porgli qualche semplice domanda sugli errori che ha commesso. Come se ne è accorto? Cos’ha fatto per rimediare? È stato capace di ammetterli tempestivamente?”
Allora, cari Franchisor, facciamoci questa domanda: quando è stata l’ultima volta che avete ammesso pubblicamente un errore davanti alla vostra rete? E voi, cari Franchisee, quando avete riconosciuto di aver sbagliato nel giudicare una decisione della Casa Madre o di non aver seguito le linee guida vincenti e aver fatto pasticci agendo di testa vostra?
Perché, come ci ricorda sempre Carofiglio, “gli errori ci umanizzano agli occhi degli altri esattamente come pretendere di avere ragione ci rende piuttosto odiosi”.
Il paradosso della collaborazione nel Franchising: più controllo, meno controllo
Ma attenzione, cari Franchisee: alimentare la radiolina del malcontento non vi renderà più forti. Vi renderà più deboli. Perché mentre voi parlate male della Casa Madre, il vostro competitor – quello che non è in Franchising – sta conquistando i vostri clienti. Il vero potere di una rete non sta nel controllo dall’alto, ma nella capacità di creare alleanze. E le alleanze si costruiscono con la fiducia, non con le cospirazioni.
Quando ero sul quel palco con i guantoni, la cosa più bella non è stata “vincere” la discussione. È stato vedere che, una volta messe le carte in tavola, quel gruppo di imprenditori aveva idee brillanti per migliorare la strategia. Idee che da sola, dal mio ufficio marketing, forse non avrei mai avuto, o non di certo in tempi veloci.
Franchising di Successo: l’arte di sbagliare insieme
Allora eccoci al punto: il futuro del Franchising non sta nel non sbagliare. Sta nell’imparare a sbagliare insieme, in modo costruttivo.
Casa Madre: ammettete quando non avete tutte le risposte. Create momenti strutturati di ascolto. Trasformate i conflitti in opportunità di co-creazione. Ammetto che qui, negli anni, il potere della Facilitazione Maieutica e del LEGO® SERIOUS PLAY® hanno fatto tanto la differenza, specie sulle radioline, specie su quella sana difficoltà di capire e di esprimere, che spesso blocca il flusso oratorio ai più, Affiliati in primis (quelli che hanno da dire cose interessanti, non quelli polemici tout court).
Franchisee: prima di alimentare la radiolina, provate il dialogo diretto. Portate soluzioni, non solo problemi. Ricordatevi che il successo del brand è anche il vostro successo. Ricordatevi che avete scelto quel marchio dopo – si auspica – attente analisi e che aprire a polemiche sterili non porta da nessuna parte. Quando investite in un Franchising (questa è la parola che si usa in America ed è un peccato che non sia tradotta proprio così in italiano) state di fatto versando dei fondi in un cassetto che li potrà far fruttare, non a caso alcuni imprenditori stanno valutando il Franchising proprio come un investimento economico, così come opererebbero in borsa (e talvolta – spesso – con più soddisfazioni che nel trading). Se vi siete affidati a un sistema e non vi va bene come opera, forse siete sbagliati voi, perché quel marchio, quel sistema e quel know how, avete accettato di seguirli contrattualmente, altrimenti potevate aprirvi un’attività vostra, ma abbiamo parecchi dubbi che l’avreste portata a break-even così in fretta.
Come scrive Carofiglio: “Viviamo in una cultura che ha trasformato l’errore in una colpa morale”. Nel Franchising, questa cultura è tossica. Dobbiamo sostituirla con una cultura della collaborazione imperfetta, del confronto onesto, dell’errore condiviso come opportunità di crescita. Perché alla fine, che senso ha avere ragione se il brand perde quota di mercato? Che senso ha proteggere l’ego se i punti vendita chiudono?
La vera forza di una rete non sta nella perfezione delle sue procedure, ma nella capacità di evolvere insieme, errore dopo errore, correzione dopo correzione.
E se questo significa salire su un palco con i guantoni da boxe, beh, almeno facciamolo insieme.